10 ottobre (Michele) – Suor Laura e i sensi di colpa

Suor Laura è una delle persone più brave che io abbia mai conosciuto a far venire i sensi di colpa. Probabilmente non lo fa nemmeno apposta. Ma nella nostra fetta di mondo ce la passiamo così schifosamente meglio di questa gente, che davanti a una come lei ti senti un verme. Almeno all’inizio. Quando ti parla del bambino nato tra le sue braccia; dell’unico bicchiere di latte con cui molti di loro, a sei anni, tirano avanti per un giorno; del ragazzo che, su pressione degli anziani del villaggio, ha preso a schiaffi perché la sera beveva un bicchiere di coca-cola al bar mentre la sorella rischiava lo stupro.

I bambini rincarano la dose. E anche piuttosto bene. Non appena è iniziata l’invasione, alcuni di noi si sono strappati gli occhi decantando ai quattro venti la loro bellezza e il loro sorriso. Ma non serve. Bastano i loro modi, la loro educazione, il loro ossessivo chiederti come ti chiami. E in preda all’emotività, mentre sorridi, fai il cretino davanti alla telecamera e giochi con loro, una parte del cervello si chiede quanto sia spregevole la tua ricchezza. Quanta colpa nel cambiare scarpe ogni sei mesi, mentre dall’altra parte del mondo ci sono principi che vestono stracci, camminano scalzi e sorridono sempre.

Il problema di fondo, però, è l’ipocrisia. Quella che sta dietro a un discorso come questo. Dopo il primo impatto toccante, quello del romantico “quanto faccio schifo”, il cervello riprende a funzionare come ha fatto sempre. Non è colpa mia. Già. Al momento non posso fare nulla di radicale. Non ditemi che non è vero. Non lo accetterei da nessuno tranne che da Suor Laura o persone simili. Ma soprattutto, quando tornerò, la mia vita continuerà più o meno come procedeva la settimana scorsa. Certi sprechi mi daranno fastidio, ma, facendo parte del nostro mondo, non potrò evitarli.

Anche la conclusione fa schifo. É amara, è triste, ma almeno non è ipocrita: pazienza. Quando e se potrò permettermelo, farò beneficenza. Non butterò il cibo, come se prima lo facessi. Farò la raccolta differenziata, come se prima non la facessi. Ma io a passare la vita qui non ce la faccio. Il mio mondo andrà avanti, il loro, per quanto eufemistica sia l’espressione “andare avanti”, pure. E in tutta sincerità, non riesco a darmi troppe colpe. Non sono stato io a fare il mondo in questo modo.