10 ottobre (Yasmina) – the weight of the world is love

Questo articolo è carta straccia. Perché? “Perché io so e ho le prove’  – citando Saviano ( che, a sua volta, citava Pasolini) e la sua prefazione in Gomorra–  ma a voi che state dall’altra parte dello schermo che importa? Non intendo darvi statistiche sui tassi di povertà, sieropositività e miseria ad Adwa. I numeri non c’entrano, servono solo a rassicurarci o a creare inquietudini“.

Queste parole sono il frutto dell’esperienza di una vita e quattro giorni, condensate nelle pagine di un quaderno tra le carezze di un bambino e qualche battuta scambiata con gli altri volontari.

E’ difficile esplicitare ciò che si prova in certe situazioni: siamo stati socializzati in modo da ragionare con la testa ma non con il cuore. Peccato che finiamo sempre per pensare con le mani, perché quello che conta è ciò che posso dire “essere mio’’, giusto? E difendiamo, diffidiamo, odiamo e discutiamo invano. Dibattiamo sulla sorte di gente che non conosciamo e fatichiamo ad accettare che non si tratta solo ed unicamente di ‘’Storia’’ con la ‘’S’’ maiuscola ma di ‘’storie’’ al plurale, altrettanto importanti. In  Idea di una storia universale da un punto di vista cosmopolitico, Kant scriveva che il primo passo da compiere per arrivare alla pace perpetua è ‘’non trattare lo straniero che arriva sul mio territorio in quanto nemico’’. Sì, sì lo so, manca il lavoro, non c’è spazio, siamo invasi! Chi lo dice? I politici in Parlamento, i giornalisti ai tg, la classe media che sta scomparendo e deve prendersela con qualcuno… Ed è così che i discorsi sul protezionismo economico ingolosiscono i più poveri e i più ricchi. Svegliatevi, viviamo in un mondo globalizzato, esclusivo, ma globalizzato. Viviamo sulle spalle di gente che facciamo morire di fame e sotto le bombe e il peggio è che ne siamo coscienti.  E sapete qual è la parte più brutta? Nel momento in cui si infrange la barriera tra il sapere e il vedere e si finisce per accorgersi di ciò che si ha davanti e lo si guarda intensamente, è difficile resistere all’istinto di alienazione.  Ma ciò non deriva né dalla sensazione di impotenza né dall’inutilità evidente che risentiamo in quanto singoli ma dalla presa di coscienza che ‘’the weight  of the world is love’’- ‘’ il peso del mondo è amore’’-, come scriveva Alain Ginsberg in Song. Non tanto esprimere ‘’amore’’ quanto provarlo e accettarlo. Metterlo a distanza è troppo facile in un mondo nel quale è sempre più difficile provare e parlare di empatia.

Tutti abbiamo pianto, in situazioni diverse, ma lo abbiamo fatto tutti. E noi qui siamo tesi, stanchi, arrabbiati, frustrati ma con tanta voglia di fare. E fare insieme. Le cose belle succedono dappertutto e quando uno di noi riesce a mettere da parte sé stesso, per qualcos’altro o qualcun altro, la consideriamo una vittoria di gruppo. Ed è bello sentirsi in compagnia nella propria solitudine.