27 ottobre (Cecilia) – E’ bastato guardarli negli occhi

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Sono arrivata ad Adwa lunedì 7 agosto. Il giorno in cui è arrivato Meskenna.

Qualche giorno prima gli altri erano andati all’ospedale, e come accaduto per il carcere, non mi hanno raccontato nulla. E io non ho mai osato chiedere. È bastato guardarli negli occhi per capire l’abisso di quello che avevano visto e vissuto.

Sapevo fin dall’inizio che, arrivando più tardi, avrei perso tanto, e temevo di non riuscire a comprendere cosa gli altri avessero passato e come fossero cambiati. Ma, quel giorno, è stato come se, anche solo per un istante, si fosse alzato un velo. Perché colti così brutalmente senza preavviso non erano stati in grado di ricucire lo squarcio nell’armatura che, per poter sopravvivere, affrontare la realtà senza impazzire e per sopportare il suo peso, si erano creati.

Vedere quel corpicino inerme, soffrire così tanto per semplice indifferenza, abbandonato a sé stesso per pura inerzia, vedere quel bambino che lottava per rimanere aggrappato alla vita con tutte le forze che gli erano rimaste, ha distrutto tutti i palazzi di ipocrisie costruiti, nel tempo, in me. Ma tutto ciò andava, anche, oltre me. Come è potuto accadere? Come può essere la vita, tanto immensa, essere lasciata lì, a morire? Quanti Meskenna sono morti per gli stessi motivi mentre altri sono rimasti a guardare? 

Tutti questi interrogativi rendevano ogni azione vana, ogni grande pensiero impotente difronte alla realtà.

Ma qui sister Laura ha fatto emergere una semplice verità, l’importanza delle vite che incontriamo nel corso della nostra esistenza e il potere che abbiamo su di esse, grande o piccolo, buono o cattivo che sia. Vite che dipendendono pur sempre da noi e dalle nostre decisioni, volontarie o involontarie che siano. Ciò non basta a lenire la rabbia, ma è pur sempre un inizio, indispensabile per chi brancola nel buio. E un appiglio nel bel mezzo di una tempesta.

Ho passato giorni ad avere paura. Paura di non essere abbastanza, paura di essere inutile, paura di essere vana. Paura di dimenticare. Ma andando a trovare Meskenna e guardandolo guarire, giocare e ridere, a volte dimentico tutto il dolore che aveva provato fino a qualche giorno o attimo prima. Il suo semplice esistere mi rivela che ciò di cui avevo tanta paura, non era in definitiva un male.