27 Ott 27 ottobre (Federica) – Il sottilissimo confine tra la vita e la morte
Il sottilissimo confine tra la vita e la morte. Percepito fin sotto la pelle camminando nell’ospedale di Adwa. Una struttura minimamente funzionale e lontana anni luce dalle norme igieniche essenziali che dovrebbero caratterizzare un ambiente sanitario. Avvertito un generale pressapochismo diffuso, ma non parlo di negligenza, bensì di impossibilità.
Oggi l’ospedale non era affollato, inizialmente non abbiamo visto scene particolarmente raccapriccianti o evocative di dolore e morte, ma poi, all’improvviso, il peggio.
Dopo essere stati al reparto maternità (emblema della nascita e quindi della vita), siamo passati al reparto pediatria, dove genitori e figli attendevano degli infermieri che li soccorressero, ma senza che trasparisse particolare ansia sui loro volti. E tra tutte quelle donne di venti o cinquant’anni, un bambino, più grande degli altri, con una benda sull’occhio e la pancia gonfia.
Un esempio di gravissima denutrizione derivata da mancanza di proteine. Un bambino di 4 anni, con il corpo di uno di 2. Gonfissimo, tanto da non sembrare di certo il tipico bambino pelle e ossa delle pubblicità progresso, per il collasso degli organi. Il lassismo dei medici, l’eroicità (perché per me è tale) di suor Laura che, senza neanche pensarci due volte, è uscita dalla sala dove sedeva il bambino e ha dichiarato perentoria: “Di questo ci prendiamo cura noi. Domani veniamo a prenderlo”. Ci ha spiegato che a vederlo si poteva dedurre che gli fosse mancato qualsiasi apporto proteico (da latte e carne, per esempio), e questo per tutta la sua pur breve vita (ve li immaginate 4 anni di malnutrizione?). Era a un passo dalla morte.
Con estrema integrità e lucidità (oltre a tanta speranza), Suor Laura ci ha anche spiegato che quell’incontro fortuito, probabilmente, gli ha salvato la vita, perché lei potrà prenderlo in cura, portarlo nelle strutture della missione (in quanto l’ospedale a cui sta lavorando è ancora ad uno stadio embrionale) e rimetterlo in sesto nel giro di un paio di mesi o più, in base a come reagirà.
Questo è sconvolgente. Se non fossimo passate per quella sala, quel bambino sarebbe andato incontro a morte certa. Se suor Laura si fosse persa in dubbi, tentennamenti o obiezioni e non avesse preso in mano la situazione, quel bambino sarebbe andato incontro a morte certa. Se io fossi stata lì, da sola, quel bambino sarebbe andato incontro a morte certa.
Certo, sono qui da pochi giorni, senza mai aver avuto esperienze simili, senza avere le conoscenze adeguate o le armi necessarie (al contrario di suor Laura), ma io avrei avuto paura, avrei lasciato che un attimo di impotenza prendesse il sopravvento sulla vita intera di un altro essere vivente.
No. Terribile. Ma vero. Fino ad oggi.
Domani non sarò in grado di salvare la vita di un bambino, ma riuscirò a riconoscere la piccolezza della mio essere, la mia paura e il mio limite, davanti al prossimo. Cercherò di riportare alla mente il corpo deforme di quel bambino per non dire “io” e “me” nella stessa frase, ma “io per te”.